Qui trovate la terza parte del testo.
Dal libro di don Giovanni Moioli "Il centro di tutti i cuori":
E DEVOZIONE AL CUORE DI CRISTO
Un'altra chiave di lettura o altre chiavi di lettura potremmo qualificarle come teologiche.
2.1 La prima pista di riflessione può essere il grande tema dell'Alleanza, o dell'esistenza secondo l'Alleanza, o del cuore "nuovo": non il cuore "di pietra", ma il cuore "di carne".
Si potrebbe qui richiamare la figura del servo di Jahwè, ma da collocare sullo sfondo del grande evangelo di Isaio, la seconda parte del libro di Isaia, dove Dio è il Salvatore, il Santo d'Israele è il Salvatore.
Secondo Isaia non è precisata la morte ignominiosa del servo di Jahwè; il passo ulteriore lo si farà nel Nuovo Testamento, quando si dirà "morte di croce", e la morte del maledetto: "Maledetto colui che pende dal legno" (Sal 3,13; cf Dt 21,23).
Gli autori del Nuovo Testamento non temeranno di parlare di legno.
Come è possibile che l'inviato di Dio muoia come un maledetto da Dio?
Non è evidente.
Questo è il grido di Gesù sulla croce, ma è anche il lamento: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché sei lontano dalla mia salvezza"? (Sal 22,2).
Non è un'analisi della coscienza di Cristo, è piuttosto il lamento di chi dice: Non è evidente che la salvezza sia compiuta così.
Ma è il grido dell'ultimo affidamento.
Il Padre c'è e, comunque, sarà evidente che, morendo affidato a Dio, questo affidamento non è deluso.
Questa è la risurrezione.
Allora il totalmente donato per i fratelli, anche se nel Deutero-Isaia non si dice dove sta la ragione profonda della solidarietà di Dio con il "servo", rivela comunque che Dio è dalla sua parte, rivela il modo di essere del Dio salvatore.
Nel Nuovo Testamento, la morte in croce dell'unico Figlio manifesterà pienamente la solidarietà profonda di Dio con il "servo".
E allora il cuore del servo, questo cuore secondo l'Alleanza, o questo servo come cuore secondo l'Alleanza, che realizza il cuore secondo l'Alleanza, induce a passare al Cristo Figlio.
Questo cuore, secondo l'Alleanza è dunque il cuore del "servo", che ha degli aspetti impensabili quando si arriva a Gesù Cristo; è il cuore del "servo di Jahwè" che rivive in maniera impensabile, eccedente, nel cuore del servo che è il Figlio: dove "eccedenza" dice l'unicità di un rapporto con Dio, e quindi anche l'unicità di un rapporto di solidarietà con gli uomini peccatori.
Maniera "eccedente" vuol dire che va al di là, che è eccessiva, che supera in maniera imprevedibile e tuttavia è in continuità con la figura del "servo di Jahwè".
L'umano vero di Gesù di Nazareth non poteva non essere l'umano del "giusto" e del "servo".
Dall'umano di Gesù prende senso la verità del nostro umano.
La verità dell'umano non è, dunque, un'idea: è la concretezza di un assoluto.
Questo è il paradosso.
Il fatto che Gesù Cristo sia l'assoluto dell'umano si realizza come la verità dell'umano.
Allora, eccedente, assolutamente eccedente, realizzazione del cuore secondo l'Alleanza, che rende possibile il costruirsi di questo cuore anche per noi mentre ne svela le contraddizioni, non può non dire la nostra verità.
Gesù non potrebbe dire all'uomo come dovrebbe essere se non dicendogli che l'uomo vero è quello dell'Alleanza; non può dirglielo in altro modo.
E può dirglielo, perché è il Figlio di Dio, è Dio.
Non può non dirci che il nostro cuore è sbagliato, che non è secondo l'Alleanza; ma insieme ci dice che è possibile che il nostro cuore raggiunga la sua verità.
E' una grazia, una possibilità che si apre.
La distanza del cuore di Cristo come cuore dell'Alleanza, realizzata in questa maniera eccedente, la distanza del Figlio unico di Dio, ripeto, è perciò la condizione del suo essere per, della sua possibilità di essere la verità del nostro cuore.
Se non fosse distante dal nostro cuore e non dicesse in termini umani che cos'è la verità dell'umano, non potrebbe neppure essere la verità del nostro cuore.
Lui solo può dirci assolutamente che la verità del nostro cuore è nell'Alleanza, nell'essere secondo l'Alleanza: può dircelo assolutamente, perché è l'assoluto concreto.
Questa è la divinità di Gesù Cristo.
Mentre ce lo dice, ci dice chi è, ci dice com'è, chi è Dio; ci dice com'è il mistero di Dio in questo coraggio inesprimibile della misericordia di Dio, che non si ferma di fronte a nulla, neppure dinanzi alla sfida dell'incomprensione e del rifiuto.
Questo comportamento del Figlio di Dio ci insegna la secolarità autentica del'uomo, cioè ol modo concreto di essere, di vivere, di realizzarsi secondo l'Alleanza.
Secolarità autentica dell'uomo è quella che prende senso dal Figlio, che è diventato uno di noi, che ha voluto abitare, vivere in mezzo a noi.
Secolarità autentica è quella del nuovo Adamo, del nuovo Abele di fronte a Caino (1Gv 3)
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