LE ABBONDANTI GRAZIE CHE IL CUORE DIVINO SPANDE NELL'ANIMA
"Nei giorni che seguirono, meditando con riconoscenza su questo magnifico dono, le venne il desiderio di sapere per quanto tempo il Signore avrebbe degnato di conservarglielo, e glielo domandò.
E il Signore: Fino a tanto che tu desidererai di conservarlo non avrai mai a dolerti che io te lo tolga.
Ma come avviene, Signore -essa disse allora- che io pur sapendo che il tuo Cuore si trova sospeso come una lampada ardente nel mio cuore indegnissimo, tuttavia poi, quando mi è concesso per tua grazia di avvinarmi a te, ho la gioia di ritrovarlo nel tuo petto e di attingervi le più grandi delizie?
E il Signore: Quando tu vuoi afferrare qualcosa stendi la mano, e quando poi l'hai afferrata la ritiri.
Allo stesso modo quando vedo che tu sei inclinata verso le cose esteriori, io ti mando il mio Cuore per attirarti a me; e viceversa, quando vedo che tu seguendo il mio invito ti raccogli nell'intimo per unirti a me, io di nuovo ritiro in me il mio Cuore per farti trovare in esso il gaudio di ogni perfezione.
Prese allora a meditare con immensa ammirazione e gratitudine su questa gratuita bontà di Dio e, considerando come la molteplicità delle sue imperfezioni la rendessero indegna di ogni grazia, si sprofondò con grande disprezzo di sé nella valle, a lei ben nota, dell'umiltà.
Vi si tenne per così dire nascosta per qualche tempo, finché il Signore che, pur abitando nell'alto dei cieli, si compiace di elargire abbondantemente la sua grazia agli umili, parve far uscire dal suo proprio cuore -sospeso in figura di una lampada sulla di lei anima inabissata nella valle dell'umiltà- come una cannuccia d'oro.
Attraverso questa cannuccia egli le infuse le più mirabili grazie.
Se essa si umiliava riflettendo sulle sue imperfezioni, subito il Signore, pieno di misericordia, con l'influsso del Suo Cuore divino faceva spuntare in lei i fiori delle più belle virtù.
Ogni difetto era allora cancellato così che la misericordia del Signore non ne trovava più traccia.
Similmente, se bramava qualche dono particolare o qualche grazia tra le più desiderate e accette al suo cuore, subito con grande gioia e dolcezza se le sentiva infondere nell'anima nella stessa maniera.
Quando già aveva trascorso qualche tempo in queste delizie e, con la grazia di Dio, sembrava ormai perfetta in tutte le virtù (non nelle sue, veramente, ma nelle virtù del Signore), sentì risuonare nel cuore una voce dolcissima, simile alla soave melodia di un'arpa toccata da mano d'artista.
Essa diceva: Veni mea ad me,
Intra meum in me,
Mane meis mecum.
Il Signore degnò di darle l'intelligenza di questo canto: Veni mea ad me: vieni a me o mia sposa, perché, amandoti come tale, desidero che tu sia sempre con me, e perciò ti chiamo!
Così pure: Intra meum in me: tu che sei il mio gaudio entra e dimora nel mio cuore; lo desidero come il fidanzato desidera il giorno delle nozze che farà entrare la sposa nella sua casa.
E ancora: Mane meus mecum: vieni e rimani come oggetto del mio amore in me che sono il Dio dell'amore e che ti ho eletta perché tu mi sia unita con unione indissolubile, simile a quella che esiste fra l'anima e il corpo.
Mentre avveniva questo dolcissimo colloquio, si sentì attrarre in modo mirabile e misterioso verso il Signore e si trovò introdotta nella beata intimità del Cuore del suo Sposo e del suo Dio.
Ciò che sentì, ciò che vide, ciò che udì, gustò e toccò del Verbo di vita, è noto soltanto a lei sola e a Colui che degnò di ammetterla in così sublime unione, Gesù, Sposo delle anime amanti, che è Dio benedetto sopra ogni cosa per tutti i secoli eterni".
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