domenica 9 novembre 2014

"Fiumi d'acqua viva sgorgeranno dal suo seno" - riflessioni sulla Parola di oggi


"Gesù, ritto in piedi, gridò: 
«Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. 
Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 
Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato". 

(Gv 7,37-39)





La Parola di oggi ci rimanda sottilmente al mistero del Cuore trafitto di Cristo: ritroviamo la descrizione del fiume che scorre accanto al Tempio e le cui acque sgorgano dal Santuario, dotate del potere di  risanare chi rimane in esse (Ez 1-2; 8-9:12); il Salmista (Sal 46) ci parla di un fiume che rallegra la Citta' di Dio e Gesù, nel Vangelo, ci dice che il Suo Corpio è Tempio Santo di Dio (Gv 2,13-22).

L'idea del fiume e del Tempio riportano alla mente proprio le parole che Cristo stesso ha proferito nel Vangelo di Giovanni sopra riportato, ricapitolando una serie di passi dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Isaia: 

"O voi tutti assetati, venite all'acqua,
voi che non avete denaro, venite,
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte"

(Is 55,1)

E' dal Cuore di Cristo - Tempio Santo di Dio e Tabernacolo dell'Altissimo  - che questo fiume di acqua viva sgorga e scorre... nel momento in cui viene trafitto. Da Esso fuoriescono Sangue ed Acqua, simbolo dei Sacramenti della Chiesa.
Non a caso, in Ezechiele, nella prima lettura, si parla di un fiume che sfociando nel mare, ne risana le acque.
Il mare - dalle forti connotazioni negative - diventava così il simbolo di quell'abisso di peccato in cui l'uomo era caduto, e da cui Gesù Cristo è venuto a salvarlo.
In realtà, si può dire che già la vita stessa di Gesù è uno scorrere incessante di questo fiume di acqua che risana: quanti malati curati! quanti indemoniati liberati! quante perversioni umane risanate! quanti poveri arricchiti della Sua presenza!
Il Cuore di Gesù che cessa di battere sulla Croce, quel Cuore che viene trafitto da una lancia, fino a dare "tutto" anche le ultime Gocce, è proprio la fonte inesauribile di questa acqua viva che purifica e guarisce. Soprattutto, di questa acqua che da' la vita vera, la vita eterna.

Il mistero del fiume, allora, per noi è già oggi motivo di gioia; col salmista possiamo esultare e rallegrarci anche noi: il Cuore di Gesù, da cui sgorga l'acqua viva, è già con noi.
Lo ritroviamo presente nell'Eucaristia, laddove vi è il "Cuore eucaristico" di Gesù; lo ritroviamo negli altri Sacramenti, con i quali sempre torniamo ad essere "lavati" dalle Sue acque che risanano e dissetati nel nostro bisogno di amore vero.

San Paolo, però, nella seconda lettura (1Cor 3,9-11.16-17) ci ha detto che anche noi siamo tempio di Dio.
Ciò vuol dire che vivendo in grazia Dio abita in noi e farLo dimorare nella nostra anima significa conformarsi ai sentimenti e ai desideri del Cuore di Gesù, come Egli ha vissuto conformandosi in tutto alla volontà del Padre.
Il Suo Cuore ci lascia un comando grande, bello, a volte difficile da vivere, ma possibile in Colui che ci da' forza: amarci come Egli ci ha amato.
Lo Spirito Santo ci darà questa forza!
Ecco perché nella prima lettura, Ezechiele parla degli alberi da frutto che crescono sulla riva, lungo il torrente, le cui foglie non appassiranno e che saranno medicina, così come i frutti saranno cibo.
Siamo chiamati ad essere nutrimento per gli altri: a donarci per i fratelli, a soccorrerli non solo materialmente, ma anche spiritualmente.
"Voi stessi date loro da mangiare" (Mc 6,37). E' l'invito forte che oggi risuona per noi.
Nutriti di Lui, potremo nutrire gli altri di noi stessi, se Lui sarà in noi, con noi e per noi.

venerdì 7 novembre 2014

MEDITAZIONE PER IL PRIMO VENERDI' DEL MESE - Cuore di Gesù, abisso di Misericordia!



Certezza del perdono divino

Quale dio è come te,
che toglie l'iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira,
ma si compiace di manifestare il suo amore.
Egli tornerà ad avere pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare 

tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo il tuo amore,
come hai giurato ai nostri padri
fin dai tempi antichi. 

(Mich 7, 18-20) 




Nel profeta Michea leggiamo di come Dio getterà i nostri peccati "in fondo al mare": è un'espressione che potremmo "tradurre" ricorrendo al concetto di "abissi" lontanissimi, irragiungibili da noi, quelle profondità in cui più nulla si vede, più nulla si ricorda.
E' il paradosso dell'amore di Dio: Colui che porta in Sè la memoria di tutti i tempi della storia, del passato, presente e futuro; Colui che è Eternità in cui niente si perde, decide di far scendere i peccati dell'uomo laddove diventano sedimento, sul fondale marino, a profondità impensabili.
Dio "vuole" dimenticare il peccato dell'uomo che si pente.
L'idea del mare - in questo suo forte valore simbolico - è anche accentuato dall'idea che gli antichi ebrei avevano di esso: mare era sinonimo di pericolo, di morte, di forze tenebrose; era spesso associato alla tempesta ed alla possibilità di perire, come ci dimostra il libro di Giona e come leggiamo anche nei Salmi, in cui ricorre l'idea che Dio sollevi dalle acque (Sal 18,17;20). Viene in mente anche la storia di Mosè ancora in fasce "salvato dalle acque" in cui altrimenti, certamente, sarebbe morto. 
La connotazione del mare era così negativa tanto che nella Bibbia Giovanni descrisse la Gerusalemme nuova come una terra in cui il mare non vi sarà più (Ap 21,1), perché proprio dal mare risalirà la bestia distruttrice negli ultimi tempi (Ap 13,1).
L'episodio della tempesta sedata (Mc 4,35-41), però, ci mostra che Gesù è Colui che ha il potere sulle forze oscure che muovono  le acque a tempesta, e che quello che per l'ebreo era simbolo di oscurità e potente incontrollabili, in mano Sua diventa acqua placida.
Ecco, se il mare può essere fonte di morte, se in esso l'uomo antico vedeva la rappresentazione ideale per eccellenza di tutto ciò che è negativo, oscuro, pericoloso, Dio ci dice: "i vostri peccati li farò morire in un abisso che non sarà più segno di morte, ma della mia misericordia"!

Questo abisso in cui il peccato è sconfitto, altri non è che il Cuore Crocifisso e Risorto di Cristo: il Fuoco della Sua Misericordia brucia il nostro peccato affinché Egli più non lo ricordi.
Il Fuoco della Giustizia divina tutto dispone, nella Sua infinita Provvidenza, affinché il malvagio si converta ed i buoni siano ricompensati;
il Fuoco dell'Amore ama.. 

"A scanso di equivoci, è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. 
Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. 
Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova". 

Nel Cuore di Gesù, simbolo e segno concreto dell'Amore di Dio, "fornace ardente di carità" - come Lo definiscono le litanie proprie - possiamo trovare ciò che San Paolo descrive nel suo "Inno alla Carità".
Nel Cuore di Gesù il Fuoco altri non è che quella carità inestinguibile che consuma il peccato, non appena l'uomo si penta, gettandolo nell'Abisso misericordioso del Dio Amore.
Possiamo allora rileggere le parole paoline pensando a come questa carità "bruci" infinitamente ed eternamente nel Sacratissimo Cuore di Nostro Signore, e meditare oggi, primo venerdì del mese, sul modo sublime che Cristo ha di amarci, chiedendoGli di donare anche a noi questa carità che tutto scusa, tutto sopporta, tutto spera!


La carità è magnanima, 
benevola è la carità; 
non è invidiosa, 
non si vanta, 
non si gonfia d'orgoglio, 
non manca di rispetto, 
non cerca il proprio interesse, 
non si adira, 
non tiene conto del male ricevuto, 
non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. 
Tutto scusa, 
tutto crede,
 tutto spera,
 tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine.

(1 Cor 13, 4-8)