sabato 15 aprile 2017

AMARE, È VEDERE CON IL CUORE



Anche noi semplici battezzati con le nostre fragili forze siamo in cammino con nostra Madre Chiesa con gli stessi sentimenti di corresponsabilità che la Vergine Maria, San Giovanni e le donne nutrivano ai piedi della Croce.
Sul Calvario, con Gesù ancora appeso alla Croce, il dramma si conclude con la lancia del soldato che trafigge il costato del Salvatore. Il colpo di quella lancia provocò un'uscita di sangue e acqua. Davvero poco prima il Salvatore ha potuto dire: «Tutto è compiuto». Infatti, ogni fibra di amore è stata consumata nella sua carne umana.
Quel petto è un simbolo ricco di luce e di grazia.
Quel colpo al cuore, «squarciato dalla nostra violenza, fa cadere il velo che nascondeva Dio». 
L'immagine autentica di Dio è l'amore che si dona attraversando il guado della morte, per offrire all'umanità la speranza di una vita riscattata dalla potenza del male.
Da quel cuore ferito esce un lampo di luce che illumina l'ignoranza nei confronti della missione di Gesù sognato e atteso come messia trionfatore.
Nel Figlio dell'amore misericordioso, appeso al legno della croce, ritroviamo la sorgente della sapienza di Dio che sconfigge l'astuzia violenta degli uomini di potere.
Nell'icona della croce il male raggiunge il vertice della sua apparente nefasta potenza: uccide l'autore della vita, ignorando che, precipitando nell'abisso della sua malizia, nel fondo della sua nullità, incontra le braccia misericordiose di Dio.
Dopo la risurrezione, le dita dell'apostolo Tommaso toccarono la ferita del costato, da quel contatto nacque il primo grido della fede autentica: «Mio Signore e mio Dio». Tommaso ha accarezzato quel cuore di Cristo che ha tanto amato gli uomini ed è rimasto una «fornace ardente» per alimentare il cammino di fede dei credenti.
La tradizione cristiana ha riservato il tempo di giugno alla contemplazione esemplare dell'amore di Dio per ogni creatura umana.

(Mario Carrera, La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, snt)

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