Riflessioni nell'anno giubilare
Nell'Anno Santo della Misericordia il mese di giugno, tradizionalmente dedicato al Sacro Cuore di Gesù, permette di affrontare la riflessione sul Cuore di Cristo dall'angolazione dell'amore misericordioso.
Il blog proporrà ai suoi lettori una serie di brevi scritti e riflessioni su questo tema. Ci introduce in questa rubrica un passo del teologo e pastore protestante, martire del nazismo, Dietrich Bonhoeffer. Le sue considerazioni sulla sequela possono benissimo applicarsi anche alla richiesta che Gesù rivolge ai cattolici, come d'altronde, a ogni uomo "di buona volontà", nel senso più pratico dell'espressione.
«Se la Sacra Scrittura parla della sequela di Gesù, con questo annuncia la liberazione dell'uomo da tutte le prescrizioni umane, da tutto ciò che grava, che opprime, che provoca preoccupazione e tormento alla coscienza. Nella sequela gli uomini lasciano il duro giogo delle loro leggi per sottoporsi a quello soave di Gesù Cristo. Si elimina con questo il rigore dei comandamenti di Gesù? No, anzi la piena liberazione dell'uomo alla comunione con Gesù risulta possibile solo dove rimane integro il comandamento di Gesù, la chiamata alla incondizionata sequela. A chi segue con integrità il comandamento di Gesù, a chi si assume senza ribellarsi il giogo di Gesù, il peso che deve portare risulta leggero, e nella soave pressione di questo giogo trova la forza di percorrere la via giusta senza affaticarsi. Il comandamento di Gesù è duro, disumano, per chi vi si oppone. Il comandamento di Gesù è soave e non è pesante per chi vi si sottopone spontaneamente. "I suoi comandamenti non sono pesanti" (1 Gv 5,3). Il comandamento di Gesù non ha niente a che fare con una terapia forzata dell'anima. Gesù non pretende nulla da noi, senza darci la forza di farlo. Il comandamento di Gesù non mira mai a distruggere la vita, ma al contrario a conservarla, a rinvigorirla, a sanarla.
Ma siamo anche incalzati dalla domanda che cosa significhi oggi la chiamata alla sequela per l'operaio, per l'uomo d'affari, per il contadino, per il soldato; siamo incalzati dalla domanda se qui non si introduca un insopportabile dualismo tra l'esistenza dell'uomo che lavora nel mondo e quella del cristiano.
Il cristianesimo della sequela non è forse cosa che riguarda un numero troppo ristretto di persone? Non si smentirebbe allora, proprio così, la grande misericordia di Gesù Cristo per chi è nell'errore e nella disperazione?
Che dire in proposito? Sono pochi o molti quelli che appartengono a Gesù?
Che dire in proposito? Sono pochi o molti quelli che appartengono a Gesù?
Gesù è morto sulla croce solo, abbandonato dai discepoli. Al suo fianco non erano crocefissi due suoi fedeli, ma due assassini. Ma sotto la croce c'erano tutti, nemici e credenti, dubbiosi e paurosi, schernitori e sconfitti, e per tutti, per i loro peccati, si è levata la preghiera di perdono di Gesù in quel momento.
L'amore misericordioso di Dio vive in mezzo ai suoi nemici. È un solo Gesù Cristo, quello che ci chiama per grazia alla sequela, e che per grazia salva nell'ultima ora il malfattore crocefisso.
Dove la chiamata alla sequela condurrà coloro che la accolgono? Che decisioni e divisioni ne conseguiranno?
Gesù Cristo è il solo a sapere dove porti la via.
Ma noi sappiamo con la massima certezza che sarà una via di misericordia al di là di ogni misura. La sequela è gioia.
Oggi sembra molto difficile percorrere in totale convinzione la via stretta della decisione della chiesa, senza allontanarsi però da tutta l'ampiezza dell'amore di Cristo per tutti gli uomini, dalla pazienza, dalla misericordia, dalla "filantropia" di Dio (Tt 3,4) nei confronti di chi è debole o lontano da Dio; ma nonostante tutto le due cose devono poter convivere, se non vogliamo imboccare vie solo umane.
"Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete su di voi il mio giogo e imparare da me, perché sono mite e umile di cuore; troverete ristoro per le anime vostre. Perché il mio giogo è soave e il mio peso leggero" (Mt 11,28 ss)».
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