giovedì 24 maggio 2012

DON BOSCO E LA DEVOZIONE AL SACRO CUORE- seconda parte-



Basilica del Sacro Cuore-Roma, presbiterio 

Ecco come Don Bosco scriveva della devozione al Sacro Cuore, nel suo opuscolo "Il Cattolico provveduto per la pratica dei suoi doveri negli esercizi di cristiana pietà":


"L'oggetto della devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù ci viene esposto da Gesù Cristo medesimo, il quale facendosi vedere più volte dalla Beata Margherita Alacoque ed ordinandole di propagare questa devozione, le fece intendere che era suo desiderio si onorasse la Sua ardente carità verso gli uomini, che Lo spinse a patire persino la morte per la loro salvezza; che Gli si offrisse il maggior possible risarcimento per gli innumerevoli insulti che ha ricevuto e che ricevere; e si studiassero, imitassero e venerassero tutte le virtù, di cui la Sua anima umana è adorna.

Questa devozione ha un duplice oggetto: l'uno primario, l'altro secondario.
Il primario sono le affezioni, i sentimenti, le amarezze, le virtù e soprattutto la carità dell'anima umana del nostro Divin Redentore.
Ma siccome nell'onorare un uomo qualunque noi non facciamo separazione del suo corpo dalla sua anima, benchè il corpo sia distinto dall'anima; così nell'adorare il Sacratissimo Cuore di Gesù noi rivolgiamo il nostro culto alla Sua anima e al Suo Cuore materiale nel tempo stesso.

Quindi con sapienza celeste la santa Chiesa ci fa recitare questa bellissima preghiera: 

O Gesù Signor Nostro,
 fate che noi ci adorniamo delle virtù 
e ci infiammiamo degli effetti del vostro santissimo Cuore, 
acciocché noi diventiamo conformi 
all'immagine della vostra bontà, 
e siamo partecipi della vostra redenzione".

domenica 20 maggio 2012

DON BOSCO E LA DEVOZIONE AL SACRO CUORE- prima parte-





"Senza fare rumore noi lavoreremo indefessi  per il S. Cuore di Gesù"!
  
  (Don Bosco, Epistolario IV, 336)

Basilica del Sacro Cuore, Roma 

Quando si pensa a Don Bosco è facile associarne subito la figura a quella di Maria Ausiliatrice, ma in realtà vi fu un altro grande amore nella vita del santo salesiano: IL SACRO CUORE DI GESU'.
La radice di questa devozione particolarmente sentita e coltivata all'interno della congregazione salesiana, è la medesima da cui si trae quella alla Beata Vergine Maria: San Francesco di Sales, che da don Bosco fu scelto come patrono della Pia Società Salesiana.

Ecco cosa scriveva il Beato Michele Rua -primo successore di Don Bosco- nella sua "Istruzione sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù":

"Che diremo del nostro S. Francesco di Sales?
Margherita Maria Alacoque diceva di lui: <<Mentre il beato Francesco viveva su questa terra faceva suo soggiorno nel Cuore di Gesù, dove il suo riposo non poteva essere interrotto dalle maggiori occupazioni.
Come Mosè, per i suoi familiari colloqui col Signore, diventò il più dolce degli uomini, così la familiarità del divino Amore sollevò S. Francesco di Sales alla pratica delle due virtù proprie del S. Cuore di Gesù: la dolcezza e l'umiltà>>.
Egli si può chiamare a giusto titolo il Dottore della devozione del Sacro Cuore di Gesù.
Egli esclama: <<Quanto è buono il Signore, quanto è amabile il Suo Cuore!
Abitiamo quivi come in un sacro asilo.
Deh!
Questo Cuore viva sempre nei nostri cuori e questo Sangue ribolla del continuo nelle vene delle anime nostre>>. (lettera 640)
<<Io avrò ogni giorno determinato un certo tempo, per il sonno dell'anima mia...sull'amabile petto, ossia sul Cuore amoroso del Salvatore>> (Trattenimenti spirituali).
<<Dio mio, quanto sarei felice se un giorno dopo la Santa Comunione, trovassi il mio cuore fuori del petto e messo in suo luogo quello del mio buon Gesù!>>
<<Chiudete il vostro cuore nel fianco squarciato del Salvatore, ed unitelo a questo re dei cuori, che siede come in un trono regale per ricevere l'omaggio e l'obbedienza di tutti gli altri cuori; di quella ferita non è chiuso mai l'accesso, affinché ognuno vi si possa accostare ed avere udienza>>.

Egli fu il primo a proporre, non oscuramente, al mondo, come oggetto di particolarissimo culto, codesto Cuore adorabile, e si compiaceva d'attirargli l'amore di tutti i cuori".

Nel volume "DON BOSCO E LA DEVOZIONE AL S. CUORE" di Arnaldo Pedrini (pubblicato in occasione del I° centenario della consacrazione della Basilica del S. Cuore al Castro Pretorio in Roma- 1987), si legge:


"Comunque la devozione al Cuore SS. di Gesù non troverà di meglio che situarsi un domani in quella caratteristica pietà che circondava l'altare e il Divin Sacramento.
Sarà questa la pratica che, nell'ambiente familiare, apprenderà da Mamma Margherita in una forma di catechismo spicciolo, mediante pie elevazioni la sera prima del riposo, la partecipazione ai sacramenti (confessione e comunione), la domenica.
L'Eucaristia riesce la miglior maniera di praticare la devozione al S. Cuore, poiché ogni Messa e ogni Comunione sono frutto di quel'amore che palpita nel Cuore divino, ed è corrispondenza a tanto amore....
S. Giovanni Bosco era solito asserire che la frequente confessione, la frequente Comunione, la Messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edificio educativo, da cui si vuole tener lontana la minaccia e la sferza"

mercoledì 16 maggio 2012

APPROFONDIMENTO SULL'ENCICLICA HAURIETIS ACQUAS-ultima parte





EFFETTI E DURATA DELL'INFLUSSO DELLA HAURIETIS AQUAS
- seconda parte


Benedetto XVI nella sua prima enciclica "Deus caritas est" senza citare l'enciclica di Pio XII entra direttamente nella tematica dell'Amore di Dio e e della necessità ecclesiale e individuale di una risposta a quell'Amore mediante il nostro operoso amore.
Per questo, senza occuparsi direttamente del culto al Sacro Cuore, in almeno tre passi, utilizza come normale nel suo linguaggio il simbolo del cuore.

Ci sembra utile richiamarli perché ci offrono lo spunto per riflettere sulla portata del culto al Sacro Cuore anche nel presente momento che la Chiesa sta vivendo.

Nel primo testo il Papa ci ricorda che "Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.
Certo, l'uomo può -come ci dice il Signore- divenire sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7,37-38).
Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio". (cfr Gv 19,34) (Deus  caritas est n.7)
E in tal modo ci mostra il senso dell'avvicinamento di due testi giovannei fondamentali nella devozione al Cuore di Cristo.

Nel secondo testo Benedetto XVI indica la simbologia del Cuore al centro della storia della salvezza: "Nella storia d'amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci -fino all'Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto..." (ibid. n 16)
E passando alla seconda parte descrive la nostra carità come la forma che armonizza il nostro cuore col cuore di Cristo: "Nelle riflessioni che precedono, abbiamo potuto fissare lo sguardo sul Trafitto (cfr Gv 19,37; Zc 12,10), riconoscendo il disegno del Padre che, mosso dall'amore (Cfr Gv 3,16), ha inviato il Figlio unigenito nel mondo per redimere l'uomo.
Morendo sulla croce, Gesù -come riferisce l'evangelista-  emise lo spirito (Gv 19.39ì0),....Si sarebbe così attuata la promessa dei fiumi di acqua viva che, grazie all'effusione dello Spirito, sarebbero sgorgati dal cuore dei credenti (Gv 7,38-39).
Lo Spirito, infatti, è quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui.... ".(ibid. n.19)

La H.A., nel suo spirito, anche se non in tutte le sue precisazioni, non avrebbe potuto essere commemorata in modo migliore ed assume così un valore attuale anche il culto al Cuore divino di Gesù, indice e simbolo del Dio che è Carità.

p. Mario Lessi Ariosto sj

domenica 6 maggio 2012

APPROFONDIMENTO SULL'ENCICLICA HAURIETIS AQUAS - quarta parte



EFFETTI E DURATA DELL'INFLUSSO DELLA HAURIETIS AQUAS

L'enciclica di Pio XII fu generalmente ben accolta nella Chiesa, anche se non trovò in tutti i teologi la medesima accoglienza.
Certe loro discussioni, rimaste nell'ambito della specializzazione, hanno fatto sentire quanto sarebbe stato urgente seguire la linea degli approfondimenti positivi, per rivitalizzare tutte le espressioni e pratiche della pietà non liturgica.
Alcuni studi furono promossi negli anni precedenti il Concilio Vaticano II, ma con l'attenzione rivolta alla straordinaria vastità delle novità conciliari, non ebbero molto seguito.
Sul piano della pratica del culto molto di più si sarebbe dovuto fare.
Per questo le incomprensioni denunciate da Pio XII non furono superate.
I Successori di Pio XII hanno mostrato di apprezzare e considerare necessaria la ricchezza degli orientamenti offerti dll'enciclica.

Giovani XXIII, per prendere uno dei suoi testi, nella Lettera Apostolica del 30 giugno 1960 sulla devozione al Preziosissimo Sangue, ebbe a dire di quella al Sacro Cuore:
E così alta e unanime è stata la stima dei Sommi Pontefici verso questa devozione, che essi si compiacquero di illustrarne la natura, difenderne la legittimità, inculcarne la pratica con molti atti ufficiali, cui hanno posto coronamento tre importanti Encicliche su questo argomento.


Paolo VI, che venne eletto il giorno della festa del Sacro Cuore, prendendo l'occasione dal secondo cenentario della concessione di Clemente XIII, pubblicò un Lettera Apostolica per ricordare il senso dell'avvenimento, esprimendo insieme il desiderio che a tutte le categorie di fedeli fossero spiegati nel modo più adatto e completo i profondi e reconditi fondamenti dottrinali che illustrano gli infiniti tesori di carità del Sacro Cuore e che si alimentasse sempre più la devozione nel loro animo.
Polo VI indicò anche quello che riteneva essere il modo migliore per raggiungere quello scopo: insistere cioè sulla partecipazione alla Santa Eucaristia, poiché nel Sacrificio Eucaristico viene immolato e si riceve il medesimo nostro Salvatore, sempre vivo per intercedere per noi , dal Cuore trafitto dalla lancia del soldato che riversò sul genere umano il fiotto del suo sangue misto ad acqua.
Secondo Paolo VI era quello il mezzo adatto per riaccendere la devozione, al fine di far vivere intensamente la partecipazione dei cristiani al Corpo Mistico di Gesù.

Giovanni Paolo II ha molto scritto e fatto per sviluppare il culto al Sacro Cuore nella Chiesa tutta, a partire dalla sua prima enciclica, la Redemptor Hominis, fino al Messaggio pubblicato nel 1999, in occasione del centenario della consacrazione del genere umano al Sacro Cuore, e all'ultimo invito a contemplare con gli occhi di Maria l'immenso mistero di questo amore misericordioso che scturisce dal Cuore di Cristo, nel testo preparato per il Regina Caeli del 3 aprile 2005.

martedì 1 maggio 2012

APPROFONDIMENTO SULL'ENCICLICA HAURIETIS AQUAS - terza parte




APPORTO DELLA HAURIETIS AQUAS AL CULTO DEL CUORE TRAFITTO DI CRISTO

L'enciclica H.A. propone alla considerazione dei credenti i fondamenti biblici (H.A. n12-19), patristici (H.A. nn 24-25), e teologici (H.A. nn. 26-28) del culto al Cuore SS. di Gesù, e da essi trae validi argomenti per una più profonda giustificazione ed illustrazione di questo culto nella sua natura e nei suoi frutti spirituali.

L'Enciclica di Pio XII non impressionò, al suo tempo, l'opinione pubblica che non era all'altezza di comprendere il non facile argomento, e guardava la devozione al Sacro Cuore solo come espressione di pietà popolare e non percepiva la diversità tra culto, devozione, forme di pietà in quanto espressioni di profonda devozione, e pratiche devozionali.

Se si aggiunge a questo la redazione formalmente tecnica del documento, che richiama affermazioni dogmatiche e la teologia di San Tommaso d'Aquino, non meraviglia che non poteva essere afferrata se non da chi fosse al corrente delle indagini sulla crisi della devozione e sui tentativi per superarla.

L'enciclica, con inattesa forma in materia, dottrinale cioè prima che esortativa, ha inteso precisare alcuni punti relativi al culto del Sacro Cuore, lasciando tuttavia aperta la porta alla teologia di indagare ulteriormente.
Ma senza dubbio, l'H.A. voleva essere una esortazione a praticare il culto al Sacro Cuore, in tutte le forme già in uso, in modo da andare all'essenziale perché la pietà dei fedeli fosse più illuminata, più ecclesiale, più conforme alla vita liturgica.

I punti che l'H.A. precisa possono essere rcchiusi in tre settori: quello biblico, quello dogmatico-teologico, quello storico.
In primo luogo Pio XII mette la base: il culto al Sacro Cuore biblicamente si fonda sul fatto che l'amore è il motivo dominante sia dell'Antico che del Nuovo Testamento.
Ciò che l'Antico Patto anticipa è prefigurazione e preparazione di ciò che nel Nuovo Testamento viene esplicitato alla luce dell'Incarnazione, in cui l'amore divino divenne sensibile e spirituale ed entra in relazione con il cuore umano di Gesù.
Nel mistero Pasquale il cuore umano di Gesù trafitto sulla Croce e sempre vivo alla destra del Padre continua ad attrarre e conformare a sé il cuore dei discepoli.
Nell'enciclica sono citati molti testi biblici, il primo posto spetta al Vangelo secondo Giovanni e tutti questi testi sono messi in rapporto ai testi veterotestamentari che spazioni dai libri attribuiti a Mosé, Isaia, Ezechiele, Geremia, Osea, Zccaria e al Cantico dei Cantici.

In secondo luogo si trova il rapporto dogmatico-teologico che fonda nel simbolismo del Cuore di Gesù, unito alla persona del Verbo, il motivo di un culto speciale.
Ma poiché il Cuore di Gesù, trafitto dalla lancia, oltre che simbolo, è stato anche strumento dell Divinità nella nostra salvezza, indice e segno del suo triplice amore, nell'unione dell'elemento materiale con quello spirituale connota il mistero dell'Incarnazione.
D qui deriva che il Cuore di Cristo può essere oggetto di culto non diverso da quello che si tributa al Verbo Incarnato.
Per questa connessione poi esso è d considerare quale simbolo dell'amore che il Cristo ha comune con il Padre e lo Spirito Santo, e finalmente anche quale simbolo del Dio che è Carità.
La precisazione storica apportata da Pio XII è che il culto al Cuore di Cristo non è disgiunto dal culto quale proviene dal riconoscimento della vera divinità e vera umanità di Cristo, Verbo Incarnato.
Questa adorazione di Cristo unita alla venerazione delle sue Piaghe gloriose, in qualche modo sia pure implicito contiene ciò che meglio verrà esplicitato successivamente, ma che implicitamente è sempre esistito nella Chiesa.
Al loro tempo i Padri dell Chiesa compresero e svilupparono i concetti paolini della Incarnazione e Redenzione in quanto opera dell'amore di Cristo, continuata dall'azione dello Spirito Santo anche se non la misero in relazione esplicita con il simbolismo del cuore di Cristo.
In forma sempre più esplicita il culto al Cuore di Cristo si è imposto per merito dei mistici, dei Dottori, dei Santi.
E' nell'ambito della Comunione dei Santi, che tutti i fedeli che, guidati dallo Spirito Santo, hanno meditato, contemplato e vissuto l'amore di Dio, e ne hanno scrutato in Cristo le inesauribili ricchezze.